Danisinni e l’arte come veicolo di rinascita
Pubblicato il 19/01/2025 |
Categoria: Società e Cultura
Il rione Danisinni può essere immaginato come una piccola città invisibile infossata nell’ombelico di Palermo, precisamente a pochi passi dal Palazzo Reale, sede imperiale con Federico II e dell’Assemblea regionale siciliana oggi.
Il termine città invisibile mira a ricordare la condanna all’indifferenza e alla noncuranza “inflitta” nel corso degli anni a questo angolo urbano da coloro che gestiscono la res publica, ma rimanda pure alle città immaginarie di Italo Calvino, espressioni di sogni, mancanze, speranze, prospettive.
Anche il termine “infossata” non è casuale in quanto ciò che innanzitutto colpisce l’occhio attento del visitatore è lo sprofondamento morfologico del rione: Danisinni è una spazio ribassato rispetto al livello della città. Fino al XVI secolo era una zona che raccoglieva le acque del fiume Papireto. Interrato il fiume per risolvere il problema delle acque stagnanti e impure che causavano infezioni ed epidemie, Danisinni si trasformò in uno spazio dimesso con casupole costruite in maniera disordinata a uno o due piani e circondate da terreni fertili.
La storia del rione è molto antica. Si racconta infatti che l’Emiro arabo Abu Sa’id, governatore di Palermo nel 916, fece costruire la sua dimora sopra la sorgente del fiume Papireto, che chiamò col nome di sua figlia, la principessa Aynsindi (da cui deriverebbe il nome Danisinni). Si dice che sotto terra, da qualche parte, possa ancora nascondersi il tesoro che la bellissima principessa Aynsindi voleva proteggere dall’avido fratello che voleva sottrarglielo. Gli arabi sfruttarono particolarmente le acque di Danisinni attraverso un acquedotto che approvvigionava molte fontane della città e l’acqua per questo rione è stata sempre un elemento caratterizzante.
Ciò è evidente ancora oggi attraverso il murale “Danisinni fiume di Vita” realizzato da Igor Scalisi Palminteri l’anno scorso e che adorna quasi tutta la piazza del rione. “Vorrei – ha detto l’artista in occasione della inaugurazione della sua opera- che in questo fiume scorresse l’amore dei cittadini verso questo rione e soprattutto quello delle Istituzioni” che spesso l’hanno dimenticato e, dunque, reso invisibile.
La realizzazione dell'opera fa parte di un progetto di valorizzazione del percorso storico arabo-normanno di Palermo, un itinerario caratterizzato da un’enorme ricchezza culturale e attrattiva. Il murale è, infatti, realizzato all’interno di un passaggio che unisce il Palazzo Reale, Danisinni e il Palazzo della Zisa.
Nella sua opera l'artista Igor Scalisi Palminteri ha fuso il tema dell'acqua con l'iconologia arabo-normanna presente nei mosaici della Cappella Palatina, in particolare la flora e la fauna. Oltre a tali immagini, si trovano quelle di due figure spirituali rivoluzionarie molto importanti: San Francesco e San Giovanni Battista.
San Francesco, com’è noto, fu capace di mostrare come un altro mondo sia possibile; fu, come disse il regista Roberto Benigni, “il primo ecologista, ambientalista, femminista, pacifista e primo grande influencer della storia”.
Ricca di fascino e significati anche la storia di San Giovanni Battista, uomo che non ebbe paura di denunciare la corruzione dei potenti e la loro immoralità. Giovanni denunciò Erode re della Giudea e la sua amante (moglie del fratello di Erode). In un momento di festeggiamenti e banchetti, durante una festa di compleanno per il re, la giovane Salomè, figlia della sua amante, danzò in modo particolarmente affascinante e sensuale (la danza dei sette veli) da sedurre il re tanto che, quest’ultimo, gli promise di esaudire qualsiasi suo desiderio. Salomè, influenzata dalla madre, chiese la testa di Giovanni Battista su un piatto. Erode fu costretto a mantenere la sua promessa e ordinò l’esecuzione del Battista, che fu decapitato. La testa fu poi portata su un piatto d’argento alla giovane Salomè, che la consegnò alla madre.
Un’altra figura rivoluzionaria strettamente legata ai Danisinni, ma non rappresentata in alcun murale presente nel rione, è Danilo Dolci che proprio in questa zone digiunò per difendere i diritti delle persone emarginate e per denunciare l’estrema povertà della zona. Il sociologo triestino Danilo Dolci nasceva circa 100 anni fa, il 28 giugno del 1924, in provincia di Trieste. Giunto in Sicilia, denunciò attraverso i suoi libri e le sue azioni l’estrema povertà di alcune zone dell’isola e la grande indifferenza da parte dei poteri pubblici. In particolare rese noto a tutti il sottosviluppo, la fame e la miseria che regnavano ai Danisinni. Gli scioperi, le proteste e le denunce di Dolci accesero i riflettori su questa realtà ma non furono, ovviamente, sufficienti per eliminate le cause della povertà e dell’emarginazione che ancora oggi contraddistinguono questo quartiere e molti altri di Palermo.
Il lungo e faticoso cammino dell’odierna rinascita del rione Danisinni possiamo approssimativamente farlo cominciare nel 2017 quando due docenti dall’Accademia di Belle Arti di Palermo (il professore Enzo Patti e la professoressa Valentina Console) riescono a ottenere un finanziamento e dare vita al progetto artistico e di rigenerazione urbana e sociale Rambla Papireto. Tappa nevralgica di tale cammino è stata quella della riappropriazione di alcuni terreni occupati illegalmente, alle spalle della Parrocchia Sant’Agnese, e ceduti alla comunità Danisinni, permettendo di creare una fattoria sociale. Si avvia, così, un'azione di rigenerazione congiunta con il coinvolgimento dall'Accademia di Belle Arti di Palermo, della Parrocchia Santa Agnese, delle tante realtà che lavorano sul territorio e delle associazioni di artisti (tra le quali citiamo lo Capitò Danisinni che ha dato vita al primo circo sociale stabile della Sicilia).
Danisinni è finito così con il diventare la culla culturale della street art palermitana (ricordiamo i murales degli artisti Giudo Palmadessa, Antonio Curcio, Sid, Paulo Auma) e del circo contemporaneo siciliano. Le attività che si svolgono all’interno della comunità Danisinni e i progetti in itinere sono molteplici, impossibile citarli tutti. Preme però ricordare una conquista ottenuta recentemente: l’apertura dell’asilo nido dopo diciassette anni di chiusura, abbandono e vandalizzazione. Sarebbe potuto essere un grande passo avanti, se il Comune dopo aver speso la cifra esorbitante di 3 milioni di euro avesse garantito l’accesso all’asilo ai sessanta bambini previsti dal progetto e non ai soli venti attuali. In occasione dell’apertura dell’asilo Frà Mauro, parroco della parrocchia Santa Agnese e motore inarrestabile dell’intera comunità Danisinni, ebbe a dire “noi riusciamo sempre a vedere il bicchiere mezzo pieno…”
Vincenzo Tumminello