4Canti

Il Vicolo Marotta. Quando Palermo aveva il suo Red Light District

Pubblicato il 08/11/2024 | Categoria: Società e Cultura

Il Vicolo Marotta. Quando Palermo aveva il suo Red Light District
A Palermo le prostitute si chiamano “pulle”. Il termine deriva dal latino “pullus" che vuol dire “pollo” ma che viene utilizzato anche per indicare giovani omosessuali di ruolo passivo durante i rapporti sessuali. Tale attinenza ha sicuramente dato origine alla consuetudine di usare la parola "pulla" per definire una prostituta. Nel capoluogo siciliano, come in molte altre città, la prostituzione ha origini antichissime e, nel corso dei secoli, la città ha ospitato numerosi bordelli. Si pensi ai lussuosi "Vemeille" e "Settequarti", risalenti agli inizi del Novecento, considerati dei veri e propri luoghi di piacere sfrenato ed intensa evasione. Tantissime, già a metà dell’Ottocento, anche le case d’appuntamento illegali gestite da malavitosi che, oltre a non pagare le tasse, sfruttavano prostitute sprovviste dell'idoneità sanitaria per esercitare legalmente. Nell’immaginario collettivo palermitano, il fulcro della prostituzione in città è stato rappresentato per lungo tempo dal Vicolo Marotta. Qui lavorava una grande varietà di prostitute: da quelle d'alto rango che offrivano servizi personalizzati e sofisticati a quelle delle stanze squallide e maleodoranti all’interno di case fatiscenti. Queste prostitute erano spesso di mezz’età o nel fiore degli anni ma tutt’altro che attraenti, si concedevano per pochi soldi e attiravano, pertanto, una clientela rozza e modesta. Il Vicolo Marotta generava, tra i cittadini palermitani, pareri e sentimenti differenti: era considerato un luogo di perdizione e immoralità ma, allo stesso tempo, era visto come una realtà economica cittadina consolidata in quanto la prostituzione generava un notevole flusso di denaro. Con la legge Merlin del 1958, che abolì la prostituzione di strada e chiuse le case d’appuntamento, il Vicolo Marotta perse la sua caratteristica ed identità principale. Si racconta che la sera in cui giunse l’annuncio della definitiva chiusura delle case di tolleranza alcune donne che vi lavoravano si concessero senza compenso ai loro più affezionati clienti per ripagare il loro affetto… Nonostante la legge Merlin, la prostituzione, com’è noto, non scomparve, ma si spostò in luoghi più nascosti, meno regolamentati e tutt’altro che sicuri sia per i clienti che per le prostitute. Subito dopo la messa al bando, le meretrici iniziarono a lavorare indipendentemente, con i pochi risparmi accumulati, presero in affitto umili case dove continuarono ad esercitare la loro professione. Tra esse, non possiamo non ricordare la signora “Trimmutura”, la prostituta più famosa di Palermo tra gli anni Sessanta e Ottanta. Una figura fascinosa, leggendaria, misteriosa tanto da diventare un simbolo della cultura popolare palermitana. Oltre alla Trimmutura, la storia della prostituzione a Palermo ha molte protagoniste femminili. Nicoletta, Sabella, l'Acrobata, la Sciancata, 'a Scimiuna sono solo alcuni dei nomi che caratterizzano le cronache di quegli anni. Vincenzo Tumminello