Dal 1400 al 1500 circa, nelle freddi sere d’inverno, le famiglie povere e i senzatetto dell’
Albergheria, quartiere popolare situato nel cuore di Palermo, trovavano all’interno della
Chiesa del Santissimo Crocifisso un tozzo di pane e un caldo giaciglio. La confraternita omonima che gestiva il luogo di culto operava quasi nell’ombra all’interno di un quartiere di grande peso e interesse in cui padroneggiavano il maestoso Palazzo Normanno con la sua incantevole Cappella Palatina, la chiesa “araba-cristiana” di San Giovanni degli eremiti e il famoso mercato del Ballarò ricco di odori, colori, suoni e merci. La Chiesa del Santissimo Crocifisso era di minore prestigio architettonico rispetto alle molte altre strutture religiose della città ma non era certo priva di attrattive visto che al suo interno ospitava particolari decori in stucco e affreschi del pittore
Giuseppe D’Alvino, artista purtroppo dimenticato ma autore di numerose opere d’arte ancora presenti a Palermo all’interno di importanti edifici storici.
Della chiesa oggi rimangono i ruderi circondati da cumuli di spazzatura di ogni genere (persino oggetti ingombranti come frigoriferi, vecchi tavoli, sedie e divani) e, su di essa, è ormai da tempo calato lo spettro dell’indifferenza.
Gli eventi che portarono la chiesa alla rovina lasciano esterrefatti. Nel 1958 l’allora Amministrazione comunale guidata dal sindaco democristiano
Salvo Lima insieme all’assessore ai lavori pubblici
Vito Ciancimino, entrambi protagonisti del noto “
sacco di Palermo”, decise di demolire l’adiacente
convento di San Francesco Saverio (in rovina a causa dei bombardamenti del 1943 operati dagli americani e dai britannici) per lasciare spazio alla costruzione del
pensionato universitario San Saverio. Sennonché, durante la demolizione uno dei muraglioni del convento crollò impetuosamente sulla chiesa del SS Crocifisso devastandone il tetto e il prospetto.

In seguito ad alcune “timide” proteste per il disastro causato molto probabilmente dalle sbrigative e imprecise operazioni di demolizione, i politici locali assicurarono una celere ed accurata ricostruzione della chiesa ma, ancora oggi, si attende la cerimonia di inaugurazione dei lavori...
Erano gli anni in cui risuonava il motto degli esponenti democristiani palermitani “
Palermo è bella, facciamola più bella”, in cui il Comune concesse migliaia di licenze edilizie a pochi e sospettabili imprenditori, in cui gli interessi materiali erano così forti da poter facilmente dimenticare la necessità di ricostruire di un piccolo luogo di culto e spiritualità.
Dimenticata e abbandonata, la chiesa fu depredata da ladruncoli e sciacalli che la svuotarono di ogni elemento di pregio finanche delle piastrelle del pavimento.

A metà degli anni ‘60 attorno alle rovine della chiesa fu costruito un desolante muro di cinta con mattoni di tufo per impedire a chiunque di avvicinarsi alla struttura pericolante.
Nel 2018, in occasione dell’undicesima edizione della manifestazione
Mediterraneo Antirazzista realizzatasi all’Albergheria, l’artista
Igor Scalisi Palminteri ha realizzato sulla parete esterna della chiesa un murales alto dieci metri raffigurante
San Benedetto il Moro, il santo nero copatrono di Palermo insieme a Santa Rosalia. Nonostante il fascino e il valore sociale dell’opera d’arte la chiesa e la piazzetta adiacente versano ancora nel degrado e nella noncuranza.
Forse la massima pronunciata dallo scrittore, poeta e filosofo russo Fëdor Dostoevskij, "
La bellezza salverà il mondo", non è applicabile ad ogni angolo della Terra...
Vincenzo Tumminello