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Manlio Sgalambro: il filosofo che odiava i filosofi avrebbe compiuto oggi cent’anni.

Pubblicato il 09/12/2024 | Categoria: Società e Cultura

Manlio Sgalambro: il filosofo che odiava i filosofi avrebbe compiuto oggi cent’anni.
Oggi, 9 dicembre, si celebra il centenario della nascita di Manlio Sgalambro, uno dei filosofi più originali e significativi del panorama filosofico contemporaneo. Nato a Lentini (come il sofista Gorgia) nel 1924 e morto a Catania nel 2014, ha dedicato la sua vita alla ricerca del senso autentico della filosofia sotterrato, a suo avviso, dalle teoretiche e dalle dissertazioni filosofiche astruse, pedanti, insignificanti, sempre più vuote e lontane dalle fondamentali domande esistenziali, dalla vita e dalle esperienze concrete degli individui. “Il filosofo -affermava Sgalambro- è diventato un intellettuale acchiappatutto, la filosofia un eccesso mentale che si è trasformato in spazzatura”. Il filosofo siciliano antistematico  desiderava un ritorno ad una filosofia in grado di porre domande scomode, di mettere in discussione le certezze, di stimolare il pensiero ad uscire dagli schemi consolidati. Un “desiderio frustrato” se consideriamo il frutto e il destino di certi filosofi che spesso appaiono nei talk show televisivi in veste di "tuttologi" in grado di esprimersi semplicisticamente su qualsiasi argomento. Sembra rivolto proprio a quest’ultimi il suo Della misantropia, vista non come semplice avversione dei propri simili ma come forma di resistenza e affermazione delle individualità che propendono alla ricerca di ideali di elevazione intellettuale. Il misantropo, così come egli stesso si definiva, non è, dunque, solo un cinico amante della solitudine, ma un individuo che, attraverso il distacco dalle relazioni umane, ricerca verità spesso scomode e dolorose. “Mi rendo conto - sosteneva Sgalambro in un’intervista del 2012- che pensare è costoso, per questo rivendico la mia personale ascesi mentale. La concezione della filosofia come “essere gettato in pasto al pensiero”, cioè come fatica, tormento e dolore è contenuta anche in  La conoscenza del peggio in cui, partendo dalla frase di Platone contenuta nel Fedone “la conoscenza del meglio e del peggio è la medesima”, sostiene che purtroppo la filosofia si è quasi sempre legata al “meglio”, all’innocuo, all’agio, all’ottimismo. A questa sterile metodologia Sgalambro contrappone il “metodo pessimista” proprio del pensatore che partendo dal dolore e spogliatosi di esso “risorge come una vampata che brucia tutto attorno a sé”, “ricomincia daccapo” a ricercare risposte a domande sempre più profonde. Chi vuole seguire tale metodo non deve cedere alla tentazione di definirsi filosofo: “Chi si può chiamare filosofo? “Io sono filosofo” non è una frase ontologica, non rimanda a uno che lo è, ma a uno che dice di esserlo”. Fonte di ispirazione per Sgalambro è stata sicuramente la complessità della cultura siciliana e, in generale, della sua terra natale. Su temi insidiosi e gravosi che tediano l’isola ha elaborato delle riflessioni senza paura di apparire scomodo e irriverente. Per combattere la mafia, ad esempio, sosteneva la necessità di utilizzare la logica e non la forza. La mafia non può essere sconfitta con mezzi repressivi, ma attraverso una profonda comprensione delle sue dinamiche. Ridurla ad una semplice questione criminale significava ignorarne le profonde radici sociali e politiche.  "La mafia -diceva- è un concetto astratto, si vince con la logica." Alla nostra isola ha dedicato riflessioni acute e cariche di significato. Come non citare la sua Teoria della Sicilia (divenuta un brano musicale interpretato insieme al suo sodale Franco Battiato) che si chiude con il verso: “la Sicilia esiste solo come fenomeno estetico. Solo nel momento felice dell’arte quest’isola è vera”. Vincenzo Tumminello