La prima ovvia indicazione cui porta il titolo di questo libro è che si tratti di un testo interloquiale, forse diretto ad un tu in particolare o forse più ampiamente destinato al soggetto umano in toto. Aprendolo leggiamo, in prima istanza, una dichiarazione d’intenti dell’autrice che recita: “
Ogni poesia di questa raccolta è una lettera indirizzata al Tu che abita la mia anima”, ciò pone al lettore una questione: deve leggere il libro secondo la traccia che suggerisce un soliloquio del soggetto che scrive a se stesso? O come una sorta di diario in terza persona? Non rimane che immergersi nella lettura dei testi ed entrare nella loro propria sostanza.

Ornella Mallo è una lettrice titanica, sia per la quantità di letture sia per la loro qualità, e non è certamente la persona che s’inventa da un giorno all’altro quello che, parafrasando Pavese, possiamo chiamare “il mestiere di scrivere”; Mallo è una donna che ha scavato nel substrato della letteratura, con lo studio e con la frequenza a corsi sulla scrittura come apprendistato è approdata ad una sua propria cifra compositiva e con questa raccolta rende pubblico il risultato di una fatica che si compone di esercizio e di sensibilità artistica, un libro dalla costruzione molto articolata, suddiviso in sezioni e sottosezioni al cui interno riconosciamo diverse categorie poetiche, haiku, senryu, petit onze, landay, tanka, un lavoro che dà contezza della formazione strutturale dell’autrice. Nella poesia di Ornella Mallo non c’è alcun presupposto di sperimentalismo, né ricerca parossistica di nuove invenzioni sintattiche, il suo canone si attesta sulla forma del verso libero ma controllato da una sintassi poetica derivata da uno sperimentato classicismo.
La prima sezione del libro è nominata
Tra le mani…Alberi e il primo testo, appunto Alberi, è un tautogramma i cui tutti i versi iniziano con la lettera A, scelta che indica una presa di posizione nel senso di incominciamento, avvio, viaggio che in altra poesia viene simboleggiato dalle rondini come “
resti di vane primavere/ che il vento sparpaglia”. Motivo che ritroviamo nel testo
Nostalgia d’impossibile nel quale la carica emotiva raggiunge l’acme di un isolamento archetipo, comparato al silenzio dell’Ulisse condannato a sfuggire le lusinghe del canto sirenico. Le due sezioni
Solitudine e Introspezione si nutrono di auto-riflessioni sui rapporti intra ed extra familiari, il padre, i figli, l’amica che non c’è più, e sul generalismo dei comportamenti umani, in grande parte superficiali e indifferenti verso gli altri. Vibra in tutto il libro l’ansia della libertà di vivere fuori dal rigore delle forme, il desiderio di essere in armonia con il mondo e con la natura, lontano dall’ipocrisia, “
lievito dei farisei”. In questo libro Ornella Mallo incontra e si scontra con l’ampia materia della vita, il suo viaggio letterario è una circumnavigazione attorno al perimetro dell’esistenza nella quale affonda la sua lama, qualche volta tagliente, altre volte indulgente o amorosa.
Nella sezione
Amore e disamore si apre una finestra di luce: “
E quel giorno/s’aprì il mare/E vi discesi dentro/Nitidi/i miei abissi./Tu li illuminavi./Come la luna/di me/conoscevo/solo una faccia/Quella che mostravo/immaginando di vivere.” Inizia una palingenesi, la poesia rinasce con altro volto, pretende parole più alte, intessute da un’ intima relazione e, mutuando da Dante, Ornella sceglie “intuarsi” e “inmiirsi” per dare corpo ad un tu che si insedia in un altro come un innesto. E’ una seconda nascita, una nuova visione che diviene centrale rispetto a tutto ciò che la circonda e che viene celebrata con il linguaggio della felicità:“
Serica/m’insinuo/nellacruna/deituoi/pensieri.//Impalpabile/t’imbastisco/nelle/mie/trame.”
In questa sezione il verso si fa più corposo, assume sostanza vitale nella parola e nella stesura, narra, è vita che si riversa in forma di poesia, mantenendo la sua personale impronta linguistica e strutturale la scrittura si fa respiro ampio e articolato. Le unità lessicali prevalenti sono connesse alla sfera della natura: albero-verde-coralli-luna-mare-onde; pur nella loro natura discorsiva i testi sfiorano felicemente il campo delle figure retoriche, troviamo infatti ossimori e antitesi e le metafore-regina di tutto l’ensamble, quella del volo nella presenza reiterata dei gabbiani, e quella delle sirene nel sema del mare, entrambe attinenti all’area della libertà, l’una verso l’apertura, l’altra verso la chiusura, ma sempre tese alla priorità delle proprie scelte. L’ultima parte della raccolta è
Aghi di luce che si potrebbe considerare sommariamente una sorta di divertissement o di esercizio di scrittura, in quanto sono esperite le varie categorie poetiche quali l’haiku, il tanka, il landay.
Anna Maria Bonfiglio