La raccolta di poesie “Di Tanto Vivere” di Anna Maria Bonfiglio, saggista e poeta, edita da Caosfera, è un’opera che suscita profonde emozioni. Alla fine di una lettura attenta e coinvolgente si ha la sensazione di essere entrati, in punta di piedi, nell’esperienza dell’intera vita dell’autrice. E si scopre tutto il potere della parola usata dalla Bonfiglio in modo lirico e consapevole, tale da esplicitare il suo stato d’animo in ogni verso. Nella poesia si rintraccia un accorato dialogo tra il passato e il presente, tra ciò che è stato o che poteva essere e ciò che è. Si stabilisce, da subito, con il lettore quel contatto empatico che permette di sentire nelle liriche la nostalgia, il rimpianto, il ricordo dolce o amaro e anche la rabbia, benchè stemperata dal tempo che è trascorso. Una

tensione emozionale forte, ma sempre controllata
E non stupirti/ se mi vedi vivere alla resa/ contando/ sulle dita di una mano/ quello che resta/ dopo i vandalismi/ e le piraterie/ perpetrati ai miei danni/ con fatale eleganza/ tu che sai/ com ‘ abbia sempre perso/ quello che avevo a cuore. Ma, nonostante questo vivere per sottrazione, Anna Maria Bonfiglio non è perdente, né rassegnata e scrive
Domani -se mi sarà concesso un altro giorno/ riaprirò gli scuri e rivedrò la vita passeggiare e ancora
Svegliarsi e sentire/ la vita che torna/ un grembo profondo/ per nascere ancora. Nella raccolta i componimenti sono divisi in quattro sezioni, le prime tre Discorsi, Stanze, Atterraggi sottolineano le emozioni che hanno caratterizzato fasi del vissuto dell’autrice, dunque una poesia intimistica, dove spesso l’illusione è stata sostituita dal dolore e infine la sezione Miserere che vede questo dolore espandersi, e da individuale diventare spazio emotivo che accoglie il dolore dell’altro…
basta con i cieli affogati / nella polvere e nel fuoco/ basta raffiche di mitra e bombe/ e cinture suicide/ e pupille abbuiate di bimbi. Affascina lo stile ricercato della Bonfiglio dove l’eleganza dei versi affonda in una profonda conoscenza dell’animo umano e attraverso la parola-simbolo l’autrice racconta, sempre con grande misura, non solo la bellezza di momenti vissuti, ma anche la tristezza di amori finiti, di occasioni perdute, di ferite mai

sanate, il verso si dispiega così tra emozioni forti, delicate, esasperate, controllate. E come ha scritto Gianmario Lucini, a proposito della poesia di Anna Maria Bonfiglio, “il lirismo si fa pensoso e raccolto ma mai crepuscolare, disincantato ma mai cinico, riflessivo ma mai cerebrale.” La narrazione poetica dell’autrice si avvale di parole vive e palpitanti, che spesso si traducono in metafore dal forte impatto evocativo ed emotivo,
attraversammo il bosco/ sfidando la paura/ tu col tuo cappio al collo/ io con i lacci stretti alle caviglie. Un linguaggio vivido che sta tra il racconto di situazioni, azioni e ambienti e la rappresentazione degli stessi. Quasi sequenze di un film, una serie di inquadrature singole che alla fine ci ritornano l’unità narrativa che l’autrice si propone: lo scorrere della vita nei suoi alti e bassi, nelle sue vittorie e nelle sue sconfitte e la determinazione a prendere il bello che la vita ci offre
Non ho saputo in tempo/ che la filosofia del carpe diem/ era l’unica fattura in mio possesso. Affinchè ognuno di noi, alla domanda - cosa resta di tanto vivere? – possa, un giorno, rispondere che rimane sempre e comunque la bellezza.
Giovanna Sciacchitano