Con l’opera “LE MIE LENZUOLA” di Pietro Cosentino, in arte Picos, edita da Fogghi Mavvagnoti nella collana Nuove Immagini, la parola poetica e la pittura si coniugano in una sinergia dinamica che è testimonianza del percorso biografico e artistico dell’autore. Percorso che si dipana nel tempo dal periodo dell’infanzia fino ad oggi. Emblematica a tal proposito è la poesia
LA TELA tradotta in un carboncino che raffigura fili di lino intrecciati, rovinati più o meno dall’usura del tempo e sfilacciati qua e là, scrive il poeta:
“Storie della mia vita, v’intrecciate/come i fili di lino in una tela/grezza, come rivela il cuore mio…Tela che ripropone chiari e scuri/pieghe più o meno grandi, gli alti e i bassi/le zone espressamente un po' sfocate…/ E la tela resiste…”
Questa poesia ha forte valenza simbolica, perché non solo descrive percorsi esistenziali dell’autore ma, è anche espressione del cammino in cui si scopre la tensione dell’andare oltre. La raccolta di poesie, corredate da opere pittoriche realizzate con varie tecniche, è dono di sé stesso al lettore, è un mostrare la propria visione della vita senza riservatezza, così come si stendono le lenzuola al sole. Quella di Pietro Cosentino è una prova poetica e pittorica che testimonia l’autenticità di un vissuto che è “essenzialità del cuore” nel rapporto con l’altro e con la vita, è sintesi di passato, di presente e di futuro. La poesia
U CORP’I VENTU ci dà ragione di quanto detto, perché tratta il tema della memoria della propria vita riproponendo un coraggioso progetto esistenziale:
“…ju m’addunavi cull’occhi sbarrachiati/chi lu munzeddu unn’era di munnizza:/erano tutt’i cosi da me vita/ch’avia lassatu, spersu e abbannunatu/…Ma in tuttu stu mundezzu arripuddutu/ancora staju circannu cu fatica/li megghiu ciura di la vita mia.”

Comprendiamo dunque che creare per Pietro Cosentino è rivisitare quanto ha vissuto attraverso le corde dell’anima, sia nel rapporto con le persone e i luoghi sia nel rapporto con gli oggetti che, come scrive l’autore nella sua poesia
AUTORITRATTO sono pieni di umanità:
“…di tutti quegli oggetti/sovente m’innamoro/diventano soggetti/della passione mia.”
Ed ecco che gli oggetti nell’arte di Cosentino si vivificano anche e soprattutto nei particolari che l’artista riproduce in modo perfetto, con il valore aggiunto della sua anima. Ogni paesaggio, ogni oggetto, ogni particolare è reso al lettore per quello che veicola e non veicola solo parole, forme e colori. Questo ce lo spiega bene Gloria Calì, esperta in didattica del paesaggio, nell’introduzione alla raccolta: “nulla di ciò che è scritto o disegnato è estraneo all’autore: tutto è sentito e vissuto per poi essere restituito al lettore in un’interlocuzione dialogica che chiede ascolto, ma forse anche una reazione”. Una reazione di stupore o di ammirazione o di nostalgia per qualcosa che muove alla commozione per quel principio di universalità che deve essere intrinseco ad ogni forma di arte. Alcune poesie della raccolta sono scritte in lingua italiana, tante altre in dialetto perché come dice Pietro Cosentino “il dialetto è una voce con cui riesco a parlare; mi evoca emozioni più intime.” Dunque, dallo sguardo che accarezza le cose alla parola, dalla parola alla pittura e viceversa, in una tensione vitale che si manifesta nella grande creatività dell’autore. Il realismo delle opere di questo interessante artista sfocia in un iperverismo che ricorda la fotografia, perché l’essenza dell’arte di Pietro Cosentino è proprio la capacità di fotografare la vita. In lui c’è, per dirla con le parole di Josè Russotti che ha curato la raccolta, “il tentativo elevato di rappresentare la fugace bellezza del mondo che lo circonda”. Bellezza che nei suoi dipinti si traduce in un gioco di colori, di luci ed ombre, quasi a rappresentare simbolicamente il dualismo dovuto alla coesistenza dei principi contrapposti bene/male, gioia/dolore che caratterizza la vita di ogni uomo.
Giovanna Sciacchitano