4Canti

Tommaso Campailla, il filosofo poeta che diffuse la filosofia di Cartesio in Sicilia

Pubblicato il 28/03/2025 | Categoria: Società e Cultura

Tommaso Campailla, il filosofo poeta che diffuse la filosofia di Cartesio in Sicilia
Ancora oggi nella maggioranza delle aule dei licei e delle università italiane, Cartesio viene presentato come il padre del razionalismo e della filosofia moderna. Uno dei tanti casi che dimostra come una bugia ripetuta milioni di volte possa evolversi in verità. Tuttavia, se per filosofia moderna intendiamo genericamente l’essenzialità nel processo conoscitivo della ragione, del metodo, del dubbio e dell’esperienza allora la sua paternità non è da attribuire a Cartesio, ma al nostro Galileo Galilei che tali canoni metodici applicò in ogni suo studio e ricerca ancor prima che il filosofo francese li ratificasse nei suoi testi. Lo stesso autore del “Discorso sul Metodo”, forse con finta modestia o un pizzico di invidia, ebbe a dire che Galileo fu il più grande filosofo. Sicuramente fu molto più coraggioso se è vero che Cartesio, venuto a conoscenza della condanna inflitta a Galileo, distrusse la sua opera il “Mondo” alla quale aveva dedicato anni di studio e non ebbe più l’ardire di sostenere il sistema copernicano nei sui “Principi di Filosofia”. Se non gli spetta la paternità della filosofia moderna, gli concerne il merito di aver detronizzato definitivamente la filosofia scolastica con la sua perversione per la mera speculazione impassibile dinnanzi all’incantevole  fluire della natura.  Il “Discorso sul Metodo” pubblicato nel 1637 ebbe un successo straordinario e il cartesianesimo si diffuse rapidamente in tutta Europa. Tra gli intellettuali siciliani la filosofia di Cartesio si affermò tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII grazie al poeta e pensatore modicano Tommaso Campailla (1668-1740). Campailla, dopo aver abbandonato gli studi di giurisprudenza imposti dal padre e condotti con scarsi risultati presso l’Università di Catania, si dedicò da autodidatta allo studio della filosofia. Condusse sin da giovane una vita solitaria, distaccata dalle chiacchiere e dall’ozio. Fu fautore di ragionamenti sopraffini, di confronti e scambi culturali con i letterati e gli scienziati del suo tempo fra i quali il fondatore dell’immaterialismo George Berckeley e l’illuminista moderato Ludovico Antonio Muratori. L’opera principale di Campailla fu l’Adamo, pubblicata nel 1709. Un componimento in versi costituito da venti canti in cui l’autore elabora la sua filosofia di dichiarata impronta cartesiana. “Confesso esser verissimo, ch’io sia nelle mie opinioni attaccato a Cartesio, e che tutto il nerbo della mia filosofia sia cartesiano”. Un testo di grande valore in cui attraverso la poesia si resero accessibili anche ai meno dotti alcune complicate dottrine filosofiche, un’opera innovativa che anticipa di ben quarant’anni quella dedicata a Cartesio in versi latini dal filosofo, matematico e latinista Benedetto Stay. “Io penso, dunque son: cosa che pensa. Sono io, che, mentre penso, adunque sono” scrive Campailla nel Canto primo dell’Adamo, ma al celebre cogito ergo sum, al metodo dubitativo, all’immortalità dell’anima teorizzate da Cartesio, il nostro poeta e filosofo affronta temi propri come la forza di gravità, la terra, l’aria, le passioni dell’anima. Dove ritenne fosse necessario Campailla ritoccò, precisò e si distanziò dalle teorie del filosofo francese così come conviene ad ogni libero autentico pensatore che, ad un certo punto della propria maturità, sente la necessità di tracciare un nuovo personale sentiero speculativo. Fin quando il Campailla si dedicò allo studio, alla scrittura e alla pubblicazione delle sue opere il cartesianesimo primeggiava tra gli intellettuali della nostra isola, ma pochi anni dopo la sua morte fu spodestato dalla filosofia di Leibniz. Una “congiura” di cui sono noti cospiratori, luogo e la data: nel febbraio del 1750 i benedettini di San Martino delle Scale professarono pubblicamente presso la loro chiesa dello Spirito Santo di Palermo l’impossibilità di sostenere il cartesianesimo e la sua idea di un Dio che agisce al di là del bene e della verità. Numerosi dibattiti furono organizzati dai benedettini in diversi luoghi culturali della Sicilia (Messina, Catania, Mazzara, Cefalù e Monreale), si mise in moto una macchina d’opposizione al cartesianesimo così forte che già nel primo decennio del XVIII secolo in Sicilia poco o nulla si voleva più sentir dire di Cartesio. Ma cos’è il leibnizianismo se non una riformulazione del cartesianesimo? Vincenzo Tumminello